Chiesa Cattolica, Concilio Vaticano II

Avviso funebre: PARRESIA è morta

La parresìa – dal greco παρρησία composto di pan (tutto) e rhema (ciò che viene detto) – nel significato letterale è non solo la “libertà di dire tutto” ma anche la franchezza nell’esprimersi, dire ciò che si ritiene vero e, in certi casi, un’incontrollata e smodata propensione a parlare.

Dopo la pubblicazione della lettera a Bergoglio, padre Thomas Weinandy è stato invitato a rassegnare le proprie dimissioni dal Comitato per la Dottrina della Conferenza Episcopale Americana.
La lettera di padre Thomas è stata inviata a Luglio di quest’anno, ma pubblicata solo ieri. Evidentemente il Sedicente l’ha messa nel mucchio delle tante missive private con cui Cardinali, Vescovi, teologi e laici cattolici hanno ingenuamente creduto che l’invito alla παρρησία non fosse solo un flatus vocis.
A quel che è dato comprendere, sembra che questa richiesta di Bergoglio di parlar chiaro abbia come unico scopo quello di stendere una lista di proscrizione da girare ai suoi collaboratori per procedere all’epurazione, sicché l’ingenuo che ritiene di poter parlare apertamente si mette nei guai con le proprie mani.
Nella sua lettera, il religioso scriveva:

Lei ha parlato spesso della necessità della trasparenza all’interno della Chiesa. Lei ha incoraggiato spesso, soprattutto durante i due sinodi passati, tutte le persone, specialmente i vescovi, a parlare francamente e a non aver paura di ciò che il papa potrebbe pensare. Ma lei ha notato che la maggioranza dei vescovi di tutto il mondo stanno fin troppo in silenzio? Perché è così? I vescovi imparano alla svelta, e ciò che molti di loro hanno imparato dal suo pontificato non è che lei è aperto alla critica, ma che lei non la sopporta. Molti vescovi stanno in silenzio perché desiderano essere leali con lei, e quindi non esprimono – almeno in pubblico; in privato è un’altra cosa – le preoccupazioni che il suo pontificato alimenta. Molti temono che se parlassero con franchezza sarebbero emarginati o peggio”.

Ecco: il peggio è toccato anche a padre Weinandy. Non stupisce che gli autori dei Dubia non abbiano ancora rivolto la Correzione formale a Bergoglio: exempla trahunt.
Nei regimi comunisti, dai quali evidentemente c’è chi trae ispirazione ancor oggi, non era insolito che un membro dissidente del partito si autoaccusasse, confessando i suoi crimini e chiedendo la giusta punizione. Chi scrive al gerarca argentino, al di là delle più lodevoli intenzioni, dev’esser pronto non solo ad essere ignorato, ma – laddove osi divulgare il contenuto delle sue critiche – a subire la sua ira funesta.
Dice bene il Card. Di Nardo:

La partenza oggi di padre Thomas Weinandy, O.F.M. da consulente del Comitato sulla Dottrina e la pubblicazione della sua lettera a papa Francesco ci dà un’opportunità di riflettere sulla natura del dialogo all’interno della Chiesa”.

Il che, nel linguaggio prelatizio, dev’esser letto come

La partenza oggi di padre Thomas Weinandy, O.F.M. da consulente del Comitato sulla Dottrina e la pubblicazione della sua lettera a papa Francesco conferma che non c’è dialogo all’interno della Chiesa”.

Gli unici che, almeno per ora, non hanno nulla da temere dalle intemperanze di questo Eliogabalo sono i laici senza alcun ruolo all’interno della Chiesa: ad essi tocca oggi il compito di denunciare questa scandalosa tirannia.
C.B.

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